Controstoria dell'Italia by Giampiero Mughini

Controstoria dell'Italia by Giampiero Mughini

autore:Giampiero Mughini [Mughini, Giampiero]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2024-04-14T19:22:24+00:00


L’“omone” che fa da protagonista di questo capitolo, Bettino Craxi, ho voluto che fosse rappresentato in una foto non ufficiale, più privata e personale. Sono grato a Stefania Craxi che mi ha mandato questo Craxi sorridente e come immerso nella vita di tutti i giorni.

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E sopravvenne un omone di nome Bettino

Il lettore che ha avuto la pazienza di giungere a questo punto del libro, si starà chiedendo se ha a che fare con il libro di uno scriteriato. Di uno che nel tentare di raccontare la “controstoria” dell’Italia repubblicana è riuscito per più di 150 pagine a non menzionare neppure una volta la Democrazia cristiana, il partito-capolavoro cui diede vita Alcide De Gasperi. Capolavoro intendo perché la dc si sarebbe rivelata uno strumento politico efficacissimo, quanto a raccogliere consensi in una democrazia di massa che era tutta da inventare dopo il ventennio fascista e dopo l’annessa guerra civile fra italiani. La Democrazia cristiana, ossia il partito che fa da maggiore protagonista di quella storia nel riuscire a mettere assieme quattro o cinque anime del cattolicesimo democratico italiano e dunque tutti i cavalli di razza appartenenti a quel mondo politico. Un partito con cui ai tempi odierni se ne farebbero una decina, l’uno più irrilevante dell’altro, l’uno ringhiante contro l’altro: né più né meno di come oggi nell’area politica detta “di centro”, due personaggi quali Matteo Renzi e Carlo Calenda, da cui ti aspetteresti che marciassero all’unisono, se ne dicono e se ne fanno invece di tutti i colori.

La Democrazia cristiana, il partito dove collaborarono gli uni con gli altri primattori quali Amintore Fanfani, Aldo Moro, Giulio Andreotti, Giovanni Gronchi, Filippo Maria Pandolfi, Antonio Segni, Francesco Cossiga, Carlo Donat-Cattin, più tardi tipini quali Ciriaco De Mita e Paolo Cirino Pomicino. Gente alla quale la buona parte dell’odierna classe politica italiana potrebbe sì e no accarezzare le ciabatte. Sì, il partito che alle elezioni del 1948 umilia l’avverso Fronte popolare dove facevano combutta i comunisti allora proni all’urss di Stalin e i socialisti a loro volta proni a quei comunisti. Non è difficile immaginare che cosa sarebbe accaduto in Italia ove avesse vinto il Fronte popolare, basterebbe dare un’occhiata a quello che dall’immediato dopoguerra e sino alla caduta nel 1989 del muro di Berlino accadde a quanti vivevano nei sacrari europei del comunismo reale, a Varsavia, a Budapest, a Praga, a Berlino Est, a Bucarest. “La sconfitta ci salvò da noi stessi,” mi disse nel novembre 1979 Riccardo Lombardi, l’ex azionista che pure sarebbe stato il leader della sinistra socialista ai tempi del centro-sinistra. E di quella sconfitta dobbiamo essere grati anche a coloro che nel 1948 andarono a votare dc perché convinti che nel segreto dell’urna elettorale Stalin non li avrebbe visti e Dio invece sì. In democrazia i voti non si pesano, si contano soltanto. È un suo limite, lo so. Solo che funziona così, prendere o lasciare. In attesa che qualcuno escogiti una formula migliore, non resta che campare tutti assieme senza farci troppo male l’uno all’altro.

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